giovedì 12 dicembre 2013

Fatevi un regalo

Tutto l'incanto del Natale della nostra infanzia è chiuso a chiave nella scatola dei ricordi. A volte sentiamo la tentazione di sollevare quel coperchio, anche solo per un po', giusto il tempo di annusare un'emozione, di misurare un desiderio, ma il profumo se n'è andato da un pezzo, proprio come quando ci illudiamo di poter conservare per sempre il profumo di un fiore chiudendolo tra le pagine di un libro.

Le decorazioni nelle vetrine, le luci colorate, perfino gli spot pubblicitari di panettoni e cioccolatini ci danno un po' di calore, ma in ciascuno di noi, ammettiamolo, c'è un piccolo  inconsapevole Uncle Scrooge.
I regali ?  A parte quelli destinati ai bambini, di quasi tutti gli altri tendiamo a fare un problema : cosa scegliere ? piacerà? troppo anonimo ? troppo costoso ? troppo poco? troppo grande? troppo piccolo? troppo colorato? ecc.ecc.ecc.
Il pranzo di Natale? Idem. Con i tuoi? con i miei? pranzo o cena?
Sono in molti, o se preferite, siamo in molti a cui capita di ritrovarsi a dire "non vedo l'ora che queste Feste passino..." per tante motivazioni diverse , non tutte ingiustificate.

Scusate il mio divagare, ma riflettendo sull'argomento, e su quanto siamo quasi tutti inclini a complicarci la vita, mi è venuto in mente nei giorni scorsi quel vecchio racconto di Dickens "Canto di Natale", letto secoli fa e richiamato a volte alla memoria dal simpatico personaggio di Disney, lo zio Paperone.
Visto che stavo ordinando dei libri, ho deciso di infilarne una copia nel carrello, e di farmi un piccolissimo regalo di Natale.



Già la copertina è stata una simpatica sorpresa così calda e colorata, e per di più questa edizione scelta a caso ha la prefazione di Gianrico Carofiglio, uno dei miei autori preferiti.

Anche per lui la lettura del Canto di Natale era nell'infanzia un "rituale privato per evocare lo spirito del Natale" e pensava che doverlo rileggere per scriverne la prefazione potesse essere un'esperienza un po' malinconica. E invece no, perchè, spiega Carofiglio, il Canto produce sul lettore - di ogni età, di ogni formazione, di ogni provenienza - una commozione inevitabile ed universale, grazie soprattutto alle modalità di scrittura di Dickens, al suo gioco magistrale con i sensi, in particolare con l'olfatto.





Dickens è uno dei rari scrittori a collocare l'olfatto al centro dell'attenzione narrativa, consapevole della sua potenza evocativa.
L'olfatto è ,più di ogni altro, il senso della memoria e,citando Nabokov, " niente fa rivivere il passato in modo tanto completo, quanto un odore che vi era associato".
Forse il segreto di questo racconto sta proprio nella ricomposizione dei ricordi, nella restituzione di senso al tempo e al posto dell'uomo nel tempo.




Carofiglio ricorda che lo stesso Dickens scriveva in una lettera a un amico: " Ho convertito il signor Scrooge facendogli capire che un uomo non può vivere chiuso in se stesso, ma deve vivere nel passato, nel presente e nel futuro, diventando un anello della grande catena dell'umanità".
La prefazione si conclude con questa riflessione :
" Il Canto di Natale è, insieme, romanzo sociale, racconto gotico, favola commovente, caricaturale e poetica al tempo stesso. Ma la parabola del vecchio Ebenezer Scrooge e della sua conversione è anche, soprattutto, una grande, intatta, storia morale - quasi un'allegoria - sulla possibilità di cambiare il proprio destino. E una riflessione sul posto dell'uomo nel tempo, sull'equilibrio difficile fra il presente, il passato e i futuri possibili".




Leggere questo racconto prima di Natale non ci trasformerà in maniera così incisiva come sanno fare i fantasmi del Natale passato, presente e futuro con Scrooge, ma forse ci farà riflettere un po' sul dovere di cercare dentro di noi il vero spirito del Natale.

Comunque vada, Buon Natale a tutti.

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